Molti si stupiscono per il numero così elevato di persone che negano l'esistenza del virus Covid-19. Per comprendere il fenomeno bisogna partire dalla constatazione che la negazione è un meccanismo di difesa estrema cui la nostra mente fa ricorso di fronte a realtà vissute come spaventose e soverchianti. Tale è certamente la minaccia data dal virus e dalla malattia che esso provoca. Lo è nello specifico, poiché è un virus nuovo e sconosciuto contro il quale la medicina è stata per molto tempo impotente. Lo è in generale, poiché l'idea che la nostra vita possa essere messa in pericolo da un virus ci era del tutto estranea, nell'errata convinzione di aver una cura per tutto e di aver ormai vinto tutte le malattie infettive. La rapida e devastante diffusione del virus ha invece messo in evidenza non solo la nostra vulnerabilità fisica, ma anche la fragilità della nostra economia e della nostra società, nonchè del sistema sanitario. Tutto questo è oggettivamente fonte di grandissima paura perché ci ha obbligato e ci obbliga a confrontarci direttamente con l'idea della morte di ciascuno di noi e con la possibile fine della società in cui siamo finora vissuti. La morte e il senso del limite, della finitezza della permanenza sulla terra di ognuno di noi, sono per la nostra cultura ancora un grande tabù, occultato e negato in molte sue forme. Come individui e come società abbiamo perduto nel corso dei secoli il ricordo e la consapevolezza di essere legati al tratto naturale per eccellenza, la vulnerabilità biologica che porta alla morte.
Alla base del negazionismo vi è quindi la Paura, la perdita di controllo di una realtà complessa e misteriosa, il sentirsi del tutto in balia di un agente sconosciuto e invisibile che colpisce gli individui in maniera subdola e imperscrutabile. Contro questa angoscia, e per tentare di ritrovare una forma di controllo sulla propria esistenza, viene posto in atto il meccanismo di difesa più radicale: la negazione.
Si tratta tuttavia di un meccanismo altamente disadattivo perchè la realtà, per quanto occultata, permane a dispetto del nostro autoinganno (pensate ai bambini molto piccoli che, per nascondersi durante un gioco, semplicemente chiudono gli occhi e sono convinti che "se io non ti vedo allora tu non mi vedi". Purtroppo stiamo parlando di adulti). Chiudere gli occhi di fronte alla realtà ci impedisce di prendere le misure utili per fronteggiare lei e le sue conseguenze, ed è proprio per questo che il negazionista si comporta in modo inadeguato portando danno per sé e per gli altri. Nel negazionismo non ci sono però soltanto l'emozione di paura e la difesa da essa; anche i processi cognitivi entrano in gioco. La negazione, sotto questo aspetto, è molto impegnativa perché obbliga una persona ad eliminare dal proprio campo mentale tutto ciò che mette in dubbio le sue convinzioni: informazioni, evidenze scientifiche, testimonianze ecc. Per mantenere la negazione occorre quindi trovare una nuova coerenza, superare sia le contraddizioni che gli altri evidenziano sia quelle che il negazionista stesso potrebbe riscontrare in se stesso. Ecco allora la sua tendenza a prendere atto di tutte le numerosissime evidenze contrarie, insieme al rifiuto di conoscere e documentarsi; ad essa si accompagna il ricorso a ragionamenti astrusi e illogici, al fine di superare le incoerenze e rendere verosimili le proprie convinzioni. Il tentativo di trovare spiegazioni coerenti fa sì che negazionismo si abbini facilmente al complottismo. Si afferma così con sicurezza che vi sia un complotto di cui la maggior parte delle persone non è consapevole, ma che invece il negazionista ben conosce. Questa soluzione complottista ha numerosi vantaggi sul piano psicologico. Oltre a far sentire le persone più intelligenti, superiori agli altri e parte di un gruppo elitario ("Solo io, solo noi, siamo in grado di capire e conoscere la verità"), essa permette di trovare una spiegazione di fronte al caso e al caos: questa spiegazione, per quanto assurda, risulta sicuramente più confortante dell'ignoto. Il complottismo, infine, permette di trovare un capro espiatorio contro il quale indirizzare la rabbia provocata dalla frustrazione di doversi confrontare con una realtà nuova, complessa, contagiosa e potenzialmente mortale.
I vantaggi psicologici del negazionismo e del complottismo sono quindi parecchi e spiegano la resistenza al cambiamento delle persone che vi sono invischiati; sono però vantaggi patologici, che impediscono cioè di comportarsi in modo utile per fronteggiare il virus e la malattia.
Come fare dunque per aiutare le persone che affrontano il pericolo con tali meccanismi di difesa inadeguati e pericolosi per sé e per gli altri? Purtroppo la capacità di resistere al negazionismo e al complottismo non si improvvisa. Bisogna costruire nel tempo, attraverso la scuola, una solida mentalità scientifica e una buona capacità di pensiero critico. Si tratta di educare al confronto sia con realtà, che ha le sue leggi che non possiamo ignorare, sia con gli altri, che presentano punti di vista diversi dal nostro. Nello stesso tempo è però necessario aiutare le persone ad esprimere le loro paure e a riconoscere le loro inevitabili fragilità come parte della condizione umana. Parlare per sentito dire, estrapolare bizzarre teorie a solo sostegno della propria tesi, pensare che la morte non esista, pensare di essere invulnerabili o al di sopra degli altri sono tutti atteggiamenti che non aiutano ad affrontare l'emergenza attuale così come ogni altra condizione di malattia nella vita di ciascuno. Nell'immediato, la cosa migliore per combattere il negazionismo e il complottismo consiste nell'agire sulla sua sorgente primaria: la paura. Purtroppo la comunicazione data da un anno a questa parte dai mezzi di comunicazione e dagli stessi organi ufficiali non ha aiutato in tal senso. Ciò che ognuno di noi può fare in famiglia, sul luogo del lavoro e con chi gli sta intorno, è agire in prima persona per aiutare sé stesso e gli altri a ridurre la paura attraverso la considerazione realistica di ciò che può fare per contenere i rischi. Non quindi un generico andrà tutto bene, ma una valutazione delle azioni concrete che ognuno di noi può mettere in atto per fronteggiare il pericolo rappresentato dal virus e dalla malattia.
Purtroppo nella storia dell'uomo abbiamo assistito più volte a fenomeni di complottismo e negazionismo nel momento in cui un pericolo ignoto è sconosciuto minacciava la sopravvivenza e l'integrità della società umana. Reazioni dettate da ignoranza ed egoismo saranno sempre presenti nella nostra società, sono per definizione inestirpabili, ciò che potrebbe rassicurarci è che una volta conclusa questa pandemia e i gli effetti devastanti che sta portando, forse negazionisti e complottisti troveranno altri obiettivi verso cui rivolgere le proprie energie, facendo del male solo a se stessi e non agli altri.
Dott. Marsilli Francesco
articolo tratto da "Psicologia Contemporanea" n°284, pag. 50-51
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