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Storia del mulo e dell'albero caduto: ovvero, cosa sono le Tentate Soluzioni

  • Immagine del redattore: Dott. Francesco Marsilli
    Dott. Francesco Marsilli
  • 23 mag 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 9 apr

C'era una volta un mulo che, tutte le mattine, portava un cesto pieno di legna dalla fattoria a valle fino su in alto alla baita in montagna, passando sempre per lo stesso viottolo attraverso il bosco, andando su la mattina e tornando giù la sera. Una notte, durante un temporale, un fulmine abbattè un albero che andò ad ostruire il passaggio attraverso questo viottolo. La mattina seguente il mulo, camminando per il suo usuale tragitto, incontrò l’albero che gli impediva dunque di proseguire il suo solito il cammino.

Il mulo pensò “l’albero qui non ci dovrebbe essere! è al posto sbagliato" e detto questo procede dritto fino a sbattere la testa sull’albero, immaginando che questo si sarebbe spostato visto che evidentemente quello non era il suo posto. Ma l'albero non si mosse di un centimetro. Allora il mulo arretrò di qualche passo, guardò torvo quell'albero chiaramente fuori posto e pensò “forse non ho dato una botta abbastanza forte!” e subito dopo tornò a sbattere la testa contro quell'albero caduto, ma l’albero nuovamente rimase al suo posto. Il mulo infuriato, decisamente convinto di essere nel pieno della ragione pensò "io ho assolutamente ragione, questa è la strada che ho sempre fatto e che devo fare e questo albero non è al suo posto. La colpa è sua!". Il mulo quindi continuò ad insistere finchè, streamato dai continui sforzi e dalle continue testate all'albero, non morì di stenti.


Nella vita di tutti i giorni, ogni volta che ci si presenta un problema, la prima cosa che facciamo a tentare di trovare una soluzione che ci permetta di risolvere il problema in modo definitivo e, se la soluzione funziona allora, la problematica si risolverà in breve tempo.

A volte però può succedere che, nonostante sia evidente che la soluzione applicata non ci permette di risolvere il problema, le persone ragionino in modo simile al mulo della nostra storiella: invece di considerare la possibilità che la soluzione applicata non sia quella corretta al problema, si tende a pensare che non la si sia applicata abbastanza bene o abbastanza spesso, aumentando cosi gli sforzi nell'attuare sempre quella soluzione, credendola l’unica possibile, e non riuscendo invece a capire che proprio la costante applicazione della soluzione sbagliata non solo non risolve il problema, ma contribuisce a peggiorarlo ulteriormente.

E di questo meccanismo ne esistono molti esempi (il genitore che si sostituisce al figlio in tutto e poi si chiede perchè il figlio sia cosi incapace, il partner geloso assillante e violento che si chiede poi perchè la sua compagna non lo voglia più vedere, la persona che tenta di tenere tutto e tutti sotto controllo e poi si chiede il perchè sia cosi stressata, la persona isolata nella propria casa che non capiasce come mai non riesce a rapportarsi con gli altri, il presidente di un importante paese industrializzato che fa la guerra al mondo e si chiede perchè il mondo non lo apprezzi)


Queste sono definite “tentate soluzioni”, e il costrutto di Tentata Soluzione è una delle basi teoriche fondamentali della Terapia Breve Strategica.

Le TS (Tentate Soluzioni) diventano la causa principale del peggioramento del problema che invece dovrebbero aver risolto: nonostante siano fallimentari, vengono ripetute nel tempo stratificando e aggravando il problema stesso e dando anche origine ad un vero e proprio circolo vizioso.

Ciò che viene messo in atto pensando di generare un cambiamento, alimenta ciò che si vorrebbe cambiare.

Perché continuiamo a mettere in atto sempre le stesse strategie?

Ciò può accadere perché in situazioni passate quelle soluzioni hanno avuto esito positivo, oppure perché il cambiamento sembra un qualcosa di impossibile e spaventoso.

Un esempio concreto potrebbe essere quello di una fobia. Invece di chiederci "da dove nasce una fobia?" possiamo provare a cambiare prospettiva chiedendoci "cosa mantiene nel tempo una fobia?". Ciò che genera la fobia non è l’evento iniziale (se non in rari casi), ma le tentate soluzioni che la persona mette in atto per fuggire dallo stimolo fobico, solitamente l’evitamento, la rassicurazione e richiesta d’aiuto:

Con l’evitamento si conferma la minacciosità della situazione temuta e si diventa meno sicuri della proprie risorse, aumentando così le reazioni fobiche.

La richiesta di aiuto ha la stessa funziona dell'evitamento, cioè una iniziale (ed illusoria) rassicurazione che viene richiesta ad altri; nel momento in cui gli altri ci aiutano stanno confermando la nostra incapacità nell'affrontare quel problema.

La rassicurazione invece conferma costantemente che ci sia qualcosa di pericoloso da affrontare, troppo pericoloso per affrontarlo da soli.

Il fallimento delle tentate soluzioni alimenta il circolo vizioso, porta all'isolamento ed al generarsi di un vero e proprio disturbo fobico generalizzato che spesso si tramuta in un disturbo da attacco di panico.


Questa breve ma potente storia è una metafora che mostra l’analogia tra l’atteggiamento limitato ed ottuso del mulo che attua sempre la stessa soluzione al problema e le conseguenze delle tentate soluzioni che noi stessi applichiamo alla nostra vita di tutti i giorni.


Dott. Marsilli Francesco

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