Chiuse scuole e spazi pubblici, chiusi i servizi commerciali non essenziali, evitamento di spostamenti non indispensabili e assembramenti, rimanere il più possibile chiusi nelle proprie abitazioni evitando contatti con altre persone. Sono queste le misure del “distanziamento sociale” adottate in Italia e in tutto il mondo per rallentare la pandemia globale del Covid-19. Misure senza precedenti che si scontrano duramente con una società profondamente diversa dai primi decenni del '900 quando cioè ci ritrovammo ad affrontare la pandemia di Influenza Spagnola che causò seicentomila morti. Lo scopo, assolutamente nobile e necessario, è quello di distribuire le possibili infezioni su un arco temporale più lungo, per riuscire a curare le persone, per evitare il collasso del sistema sanitario e per guadagnare tempo in attesa di un vaccino o di terapie di dimostrata efficacia.
Le misure di distanziamento sociale necessarie vista l’emergenza possono però avere conseguenze psicologiche negative sulle persone. La sempre maggiore diffusione del Covid-19 e il ritardo della presa di consapevolezza della sua capacità di espansione e pericolosità (complici anche i social network e il sistema politico che, invece di fare chiarezza, hanno diffuso molte notizie discordanti oggettivamente difficili da filtrare) ci obbliga dunque a reprimere il nostro bisogno di relazione, impulso umano fondamentale radicato nel nostro stesso codice genetico. Si tratta di una condizione innaturale che metta a dura prova anche la capacità di cooperazione propria degli esseri umani perché non stiamo cercando di proteggere solo noi stessi ma anche le persone che non conosciamo e quelle di cui, forse, neanche ci importa.
Gli effetti a breve e a lungo termine dell'isolamento iniziano in questi mesi ad emergere dalle notizie sparse in tutto il web e, se da una parte ve ne sono di molto divertenti (migliaia di meme, filmati e GIF di come le persone si ingegnano per far scorrere le giornate di quarantena obbligata) l'altra faccia della medaglia ci mostra le conseguenze a volte disastrose e cupe dell'isolamento.
Un primo dato allarmante è la drastica diminuzione delle segnalazioni di violenza domestica, non certo data da un effettivo calo di tali violenze ma più probabilmente dal fatto che le vittime, costrette in casa col proprio aguzzino, subiscono un costante controllo sulla loro quotidianità e alle quali è oggettivamente impedito di chiedere aiuto. Si sentono già le prime speculazioni monetarie; proprio pochi giorni fa, il 18 Marzo 2020 nella città di Torino sono state arrestate e denunciate due persone che speculavano sui servizi di sanificazione degli ambienti (qui il link all'articolo https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/03/18/news/torino_prime_mazzette_sul_coronavirus_due_arrestati_per_il_business_della_sanificazione-251599324/) e i primi reati verso vicini di casa o familiari.
L'isolamento può portare a diversi effetti psicologici negativi legati a situazioni innaturali vissute quotidianamente: dai sintomi del disturbo post-traumatico da stress al disorientamento, alla rabbia, dall'insonnia all'angoscia fino alla depressione e all’esaurimento emotivo e nervoso. Alcuni studi evidenziano che, anche una volta tornate alla normalità, le persone possono avere dei comportamenti riconducibili al periodo dell’emergenza: un’attenzione eccessiva al lavaggio delle mani (riconducibile ad un rituale tipico del disturbo ossessivo-compulsivo) o la tendenza a evitare i posti chiusi e affollati, i luoghi pubblici e le persone con tosse o raffreddore (scatenando dunque una serie di fobie specifiche). Nonostante le possibili cure e gli interventi che possono essere svolti per aiutare queste persone, possibili sintomi di disturbi possono sorgere o trascinarsi per diversi mesi o, in rari casi, anni di distanza dall'evento in questione.
Il confronto con noi stessi
Di certo l'isolamento ci mette a confronto con la nostra parte più fragile, ci mette di fronte ad un periodo in cui è difficile sfuggire ad un'analisi anche superficiale della realtà che ci circonda e che ci siamo costruiti, distrarsi sta diventando una vera e propria arte che però paradossalmente rende più difficile l'azione stessa di distrarsi, d'altronde non fare nulla è davvero una condizione difficile da gestire, soprattutto quando le alternative possibili sono estremamente limitate.
La fa facile chi dice o scrive di sfruttare questo tempo per noi stessi, per volersi bene, per leggere o stare insieme alla propria famiglia. Non tutti si possono permettere di farlo, molti non l'hanno mai fatto e nemmeno mai lo faranno. Nell'isolamento ci accompagnano tutti i problemi mai risolti, le discussioni sempre evitate, le responsabilità mai prese, e sempre meno persone dispongono dei mezzi economici, culturali e cognitivi per farlo.
Tutti però possediamo un'importante capacità, vedere ciò che sta accadendo, vedere le prove tangibili di come le nostre scelte influenzano gli altri (dopo la tristemente famosa migrazione da Milano al sud Italia, nell'arco di due settimane si sono moltiplicati i contagi proprio in quelle regioni a cui hanno fatto ritorno i figli).
Nel 1624 il poeta John Donne scriveva, nel suo Devotions Upon Emergent Occasions "No man is an Iland, intire of it selfe; every man is a peece of the Continent, a part of the maine..." (nessun uomo è un'isola, intero di per sé; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto...), ma non c'è da stupirsi. Esattamente come succedeva 400 anni l'uomo fa fatica a non pensare solo a sè stesso. Ed oggi come allora si fa fatica a rinunciare ad una corsa al parco o all'aperitivo con gli amici, d'altronde siamo stati abituati a pensare al nostro piccolo mondo come separato ed indipendente dagli altri, intolleranti alle frustrazioni e chiusi nel nostro pensiero unico, lineare, ego-direzionato. Nell'isolamento tutto questo si amplifica e all'isolamento forzato si unisce l'incertezza della sua durata, il costante flusso di informazioni discordanti, le migliaia di voci di imbecilli e "leoni da tastiera" che inneggiano a un'improbabile serie di complotti, alla guerra contro un nemico lontano, alla libertà di spostamento ed opinione. Ieri scrivevano "l'italia è il paese che amo", oggi ognuno ama sé stesso e null'altro conta.
La conseguenza dell'irresponsabilità del comportamento di molti danneggia tutti e cosi ci ritroviamo con sempre più tempo per gestire sempre meno spazio.
Se pensi che questa pandemia abbia avuto conseguenze psicologiche su di te o su chi ti sta vicino, non esitare a contattarmi, insieme potremo capire il modo migliore per aiutarti!
Lavoro in studio a Trento e in tutta Italia online attraverso la piattaforma Skype
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Dott. Marsilli Francesco
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